Giornata Internazionale della Donna, Camminare con scarpe diverse per la parità di genere

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La Giornata Internazionale della Donna 2023 (International Woman’s Day) ha avuto una importante anteprima venerdì 3 marzo nella splendida cornice del Refettorio piccolo Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”, nel Monastero benedettino di San Nicolò l’Arena di Catania, un luogo affascinante e ricco di storia, che sta conoscendo una rinascita grazie alle cure della sua direttrice Rita Angela Carbonaro, la quale, come ha sottolineato nel proprio intervento introduttivo, si è impegnata per l’apertura del luogo a eventi culturali di ampia portata.

La Giornata ha portato quale evento simbolo del proprio messaggio il “Camminare con scarpe diverse per la parità di genere”, e la maggior parte del pubblico ha risposto positivamente indossando scarpe di diverso colore e forma, segno di tempi nuovi e di totale e manifesto rispetto per ogni individualità, che, come ha spiegato Silvia Emma, Presidente del Soroptimist Club Catania che ha organizzato l’evento, ha il valore simbolico di cammino, non solo dunque nella dinamica delle relazioni sociali e professionali, ma anche come cammino interiore, in un mondo in cui i diritti di libertà e autodeterminazione siano una garanzia inattaccabile. Ma il simbolismo è altrettanto forte a partire dalla locandina dell’evento, in cui il quadro di Maria Grazia Marino, segretaria del Soroptimist Club, descrive una danza di donne in cui le forme e i colori si mescolano nel vortice dei movimenti fino a formare un caleidoscopio inscindibile, segno sia di poesia e libertà, che di fine di ogni barriera di genere.

Le accuse delle storture che in passato e ancora oggi possono minare alle radici la conquista di questi diritti, sono state mosse durante il convegno in forme diverse, da specifiche ricostruzioni storiche e letterarie a delle vere e proprie performance artistiche, a partire dalla lettura della vibrante poesia di Ylenia Russo, dal titolo “Se”:

“Se mi chiedi perché / i miei occhi vogliono / gridare libertà / e tu mi vuoi puro oggetto / nudo tra le tue mani / Se mi chiedi perché / nella mia bocca / muore la parola pace / mentre mediti / piani di morte / Se mi chiedi perché / le mie orecchie non viste / odono lamenti tra le mie pari / mentre tu accumuli potere / Allore se mi chiedi perché / piango mentre danzo / potrai ascoltare / il mio canto creatore / di donna che ti dà la vita / e forse mi regalerai un fiore.”

Prestigiosa la presenza di Sarah Amrani, Direttrice di Dipartimento di Studi Italiani e Romanzi Università Paris Sorbonne Nouvelle, che ha parlato del tema: Arte vs politica. La memoria contesa delle “marocchinate”. Si tratta di una delle pagine più drammatiche della Seconda Guerra Mondiale. Dal maggio 1944 i goumier marocchini del Corpo di spedizione francese (Corps expéditionnaire français en Italie), al culmine dell’operazione Diadem dopo lo sfondamento della linea Gustav ad opera degli Alleati, si resero colpevoli di numerosi atti di violenza gratuita, razzie e soprattutto migliaia stupri verso donne e non solo, grazie all’impunità di cui godevano. Infatti si dice che circolò tra le truppe un volantino, in realtà mai trovato, scritto dal generale Alphonse Juin che legittimava per 50 ore il saccheggio di ogni proprietà includendo nel bottino di guerre anche le donne. L’episodio, malgrado la sua brutalità, venne messo in ombra tranne che per poche eccezioni, anch’esse difficilmente prese in considerazione, come nell’interrogazione parlamentare che venne tenuta anni dopo ma concessa addirittura in ore notturne. La prof.ssa Amrani ha tenuto a sottolineare come in questo caso fu l’arte a diffondere e condannare la notizia, dapprima nel 1957 con un romanzo di Alberto Moravia dal titolo “La ciociara”, di immediato successo, incrementato successivamente dal film omonimo che nel 1960 Vittorio De Sica trasse dal libro, con l’attrice Sofia Loren che ha interpretato l’indicibile orrore di una madre che ha assistito alla violenza sulla figlia adolescente. Malgrado questi illustri esempi, la rievocazione delle violenze rimase sempre ai margini della storia ufficiale, le vittime subirono un pesante destino di emarginazione sociale inevitabile nell’Italia perbenista del dopoguerra, e, come ha ricordato Amrani riferendo la propria esperienza, ancora oggi lei stessa ha avvertito un clima di disapprovazione nel ricordare crimini che potessero mettere in cattiva luce le popolazioni nordafricane.

Un altro famoso caso di oppressione verso i diritti della donna, ma più in generale della persona, è stato ricordato nei particolari da Fabrizio Impellizzeri, Professore Associato di Letteratura francese Struttura Didattica Speciale di Ragusa del DISUM – Università di Catania, che ha parlato del tema: Colette en herbe o l’apprendistato di una crisalide. La presentazione del “personaggio” Colette è stata realizzata grazie a un efficace PowerPoint, ricco di fotografie e date, che ha permesso al prof. Impellizzeri di ricostruire le tappe della subordinazione di Colette e infine della sua liberazione dal marito, uno scrittore mediocre che fece grande fortuna dagli scritti della giovane moglie. Sidonie-Gabrielle Colette (1873-1954), rimane la testimonianza di una donna che ha lottato contro il predominio maschile più subdolo, quello di chi pretende di circuirne le capacità. Colette sposa nel 1893 Henry Gauthier-Villars, meglio noto come Willy, che ne sfrutta la creatività letteraria, trasformando la moglie nella propria ghostwriter.Infatti il titolo di una delle schermate del PowerPoint è “L’emancipazione autoriale e personale ovvero il risveglio della crisalide”, l’emergere di un orgoglio che porterà Colette a rivendicare il proprio ruolo di autrice letteraria a discapito del furto artistico operato per anni dal marito. Praticamente Willy pubblicò a proprio nome e divenne famoso grazie al ciclo dei primi romanzi con protagonista la giovane Claudine, l’alter ego di Colette, dati alle stampe dal 1900 al 1903 (Claudine a scuola, Claudine a Parigi, Claudine sposata, Claudine se ne va), che Colette infarcì di particolari piccanti proprio su richiesta del marito. Come ha ricordato il prof. Impellizzeri, il successo fu tanto grande da produrre all’epoca tutta una serie di oggetti ispirati a Claudine / Colette, dai vestiti alle saponette, fino a due marionette che impersonavano Willy che manovrava coi fili Colette, un divertente gioco per bambini che raffigurava purtroppo una triste realtà. La rinascita di Colette avvenne proprio grazie alla separazione dal marito, e alla sua autodeterminazione in ogni campo, non solo letterario ma anche negli spettacoli teatrali in cui metteva lei stessa al centro della scena, divenendo ben presto simbolo di emancipazione femminile negli anni della Belle Époque.

I lavori sono proseguiti in una seconda parte introdotta da momenti di danza grazie a Simindokht  Yazdani, Performer Persiana, che ha impersonificato nelle sue movenze la dignità e voglia di libertà delle donne iraniane, intervenendo anche all’interno di un atto unico scritto per l’occasione e tratto dall’opera “Il vento della libertà…” di Francesco Mazzullo, Acting Coach, Attore e Regista, artista pluripremiato che nel 2014 ha vinto il Festival del Cinema della Biennale di Venezia, un testo in cui viene rappresentato il dramma degli iraniani che in Italia soffrono per il destino di oppressione dei loro cari rimasti in patria, vittime di un regime di segregazione politica e giuridica, dove la libertà rimane un sogno per cui lottare. La rappresentazione è stata interpretata in modo sentito dagli Attori del Teatro dell’Accademia: Maria Rosaria Russo, Alessandra Argento, Oliviero Andrea Zega, Davide Gullo, Chiara Sabbatini, Aurora Di Stefano.

Commovente la scena finale, una festa gioiosa di musica e danza, in cui un padre può finalmente riabbracciare i suoi cari, speranza in una normalizzazione che tarda ad arrivare.

Il pubblico ha risposto con grande calore e partecipazione a ciascuno degli interventi della Giornata Internazionale della Donna, segno della importanza che tali manifestazioni ricoprono oggi, in un mondo in cui sulla carta i diritti sono sacrosanti, ma sono ancora troppo numerosi i casi in cui vengono platealmente negati.

Mario Guarnera

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